In mezzo al grano
un altero sorbo s'alzava
con tondi frutti e piccole foglie.
Al più lieve vento la messe ondava
e le sorbe ben attaccate
ai rami ridevano, sfacciate
delle spighe dagli esili steli
che di spezzarsi rischiavano.
Impertinenti, maleducate
malvagiamente loro speravano
che i flebili steli del grano,
sul campo rimanessero sdraiati,
rodendosi poi di rabbia quando
le teste rialzavano.
Vennero i mietitori a giugno
e con le falci in pugno
iniziaron a tagliar le spighe bionde
e le sorbe tingendosi di lieve rossore
gioivan liete fra le fronde
vedendo il grano falciato, senza cuore
godendo, quando la mietitrice
granella e paglia poi le rese.
Ma il sole vedendo delle sorbe il male
trattenendo l'istinto di prenderle a calci,
studiò il modo di fargliela pagare
togliendo loro la sua carezza e il suo calore.
Passato agosto, settembre venne ad indorare
gli ultimi frutti, rendendoli buoni da gustare,
ma le sorbe rimasero acerbe, amare.
I contadini, sentendosi la lingua allappare
nel mentre le assaggiavano,
il sorbo decisero di tagliare
in quanto l'albero inutile consideravano
se non dava buoni frutti da gustare,
inoltre già i passi dell'autunno s'avvicinavano
e più nessun frutto si poteva maturare.
Presa l'ascia cominciaron il tronco a colpire,
ma la flebile voce della paglia si fece udire
consigliando ai contadini di coglier le sorbe dure
e di deporle sul suo giallo cuore..
con la forza del perdono le avrebbero riscaldate,
con il sole dell'amore si sarebbero maturate.
E così fu... le sorbe del male fatto pentite
cominciaron presto ad arrossire,
poi lentamente ad impallidire,
di tristezza si macularono
diventando frolle, tenere,
e quando i contadini le vollero assaggiare
le trovaron dolci, deliziose da mangiare.
Il sole prima di tramontare,
dando l'ultimo bagliore
mormorò prima di scomparire
che solo il perdono e il pentimento
possono rendere
dolce e profumato
il cuore di chi aspro e crudele è stato.