Le mani hanno gli stessi occhi della montagna
gravitano su precipizi percettori.
I sali gonfiano cattedrali
nei respiri interiori
vocali che aprono i passi alla memoria.
Il carbone tra le dita sgrana le scie
che intonano i segni
e le pause
della tua pelle.
È nell'ora dei tuoi occhi
che c'è già tutto:
muovono le labbra
tra accenti di rosso e colpi di tempo.
Ma le voci rondano tra le pareti canute dello spazio
dove ai vuoti, affoghi gli acuti
nella nebbia di un cemento
che in folate, arde in espansioni.
Polvere nera, è toccando le tue mani
che sentivo le figure
di un male sommerso.