O mia fanciullezza
nebbia oscurante di mesti pensieri,
non giacqui or mai più
nel cranio infestato mio di chiassoso silenzio
respingente di ogni interazione
col mondo ormai a me ostile,
forse perché osservo, e non vivo;
forse perché ascolto, e non parlo.
Ove tu giacesti o nebbia,
mia solitaria fonte fosti
di frivola ignorante felicità,
ora compaiono, a perder d'occhio la vista,
intricati dilemmi
e angosciosi sensi ingiustificati di colpa che
la testa mia fan serrare, in isolamento
e il cor mio piangere, in silenzio.
Nel mio incompreso sociale esilio
l'animo mio morendo prematuro
ormai sta dentro
e sola ma senza sofferenza paio.
O madre a me fedele,
ove un tempo giaceva l'amore verso la tua persona,
ormai insinuati si sono l'odio e il disprezzo
verso la felicità tua.
O mia innocenza perduta
mai più oscurerai
l'interior mia comprensione
del maligno mondo che
ancora intenta a far son,
vana,
nel chiassoso silenzio
e nella pacata solitudine.