poesie » Poesie sulla politica » Sfumature di grigio
Sfumature di grigio
Nuvole come grandi grondaie
gonfie di grigio.
Tante, giganti, in formazione.
Una flotta aerea nell'aria asciugata del cielo,
di passaggio, veloce dietro il soffio del vento
La pioggia era tutta per terra, bombardata
Le nubi stavano lì appese, senza peso.
La mente volava più in alto
adesso senza zavorra.
Quando hai troppi pensieri
hai poche parole.
E tutto si schiaccia, si strozza, si chiude in uno spazio da niente.
In un tempo da poco.
Tante tonalità di grigio
e grigio è anche ciò
che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo.
Un'epoca piccola piccola.
Non c'è stata abbastanza democrazia.
Libertà di pensiero, sì.
Esercizio della critica, sì.
Della satira, sì.
Ma scarsa condivisione.
Nessuna vigilanza e crisi della rappresentanza.
E chi ha deciso
sono stati pochi.
I "poteri forti". E chiusi.
Però "potere" da verbo meraviglioso
è diventato sostantivo arrogante.
Così sostanzioso da stimolare l'appetito di alcuni autoreferenti.
Non impiegati al nobile servizio dello Stato. Quindi di tutti.
Ma padroni altezzosi. Oligarchi. Pochi. Sempre gli stessi.
I ladri di futuro.
I borseggiatori di presente.
I ricettatori di passato.
Noi gente potremmo vivere molto meglio.
Il tempo ci chiede solo di accompagnarlo.
Non penso più che sia un avversario.
Un nemico.
L'eterno vincitore.
Ci tiene, invece, compagnia.
Ci indica cosa siamo diventati.
Come siamo cresciuti.
È uno specchio.
Che ci dà solo buoni consigli.
Che ci avvisa. Sul pericolo del ridicolo.
Del diventare fantocci. Pupazzi. Bambole impagliate. Mummie.
Che ci segnala la trappola del voler restare sempre quelli di prima.
Non è il ritratto di Dorian Gray.
Il tempo ci indica il tempo.
È il metronomo per suonare con la giusta velocità la partitura della
nostra vita.
L'orologio per arrivare puntuali agli appuntamenti con l'esistenza.
La sveglia per ridestarsi all'alba di ogni cambiamento.
Il calendario per scoprire l'avvicinarsi delle stagioni.
Il ciclo delle mutazioni. La rotazione delle ere.
Senza di lui non avremmo tempo.
Niente crescerebbe. Le piante. Gli alberi. I mari. Le coscienze.
Intanto in tv dicono le solite cose.
La recessione, la crescita zero.
Butto uno sguardo di fuori.
Beata la luna che cresce e decresce e se ne sbatte di tutto.
Qui sotto, al contrario, comanda il mercato.
Ma il modello è degenerato. Fors'anche fallito.
Cosa siamo diventati?
Liberisti ma non liberali.
Libertini ma non tanto libertari.
Liberati ma non del tutto liberi.
Incredibilmente ostaggi riverenti,
osservatori indulgenti,
discepoli assoggettati da una classe dirigente egoista e insipiente e
che si ritiene indispensabile.
Nessuno, però, è più qualificato del pensiero che esprime.
L'idea è più grande dell'ideatore.
L'ideologia è più longeva dell'ideologo.
Nessuno dei secondi vince sulle prime.
Una fondazione sopravvive al suo fondatore.
Perché tutto va avanti.
Anche con l'inesorabile lentezza complessiva degli istanti.
Il futuro ha bisogno di tempo.
Il giorno nuovo ha bisogno di un sole nascente.
Ormai è sera inoltrata.
Intanto in tv i politicanti si danno sulla voce con la triste polemica
di chi non ha argomenti e gioca sporco solo sull'ultima battuta o
specula su una storia di cento anni fa.
Ognuno porta acqua al proprio mulino
ma forse nemmeno:
al massimo la porta al proprio bidet.
Allora la soluzione qual è?
La rivoluzione è non mettere più se stessi al centro dell'universo.
L'intuizione di Copernico.
Noi, terra, non siamo il fulcro.
Il sole è il nostro primo riferimento. E poi tutti gli altri soli.
Anche quando le altre galassie ci creano troppe distanze e domande.
Una rivoluzione è un rovesciamento di ordini.
Un ribaltamento di priorità.
La rivoluzione è sempre violenta?
Sempre colorata? Chitarre e tamburelli?
Maschere e balletti?
Mah? Senza un ideale, dove si va?
Si gioca alla guerra. Virtuale.
Un videogame trasferito nella realtà.
I guerrieri: un gruppetto che terrorizza cassonetti, vetrine e bancomat.
E qualche macchina parcheggiata.
Che affronta con sprezzo del pericolo, in cinquanta, un carabiniere da solo.
Che lancia eroicamente sampietrini e bastoni contro un mucchietto di
poveri cristi in divisa comandati confusamente a riceverli.
Che zompa come una scimmia drogata davanti a una camionetta che va a fuoco.
Che è contro chi? Il regime, il mondo, il sistema?
Il sistema reale sa essere molto più crudele con chi è solo stupidamente feroce.
E il metodo non sa applicarsi a niente di nuovo.
Ma l'insieme si rannicchia su una procedura tradizionale e debole.
E il settimo, potente Paese del mondo invoca, nervosamente, leggi speciali.
Dopo una bravata da tifoseria teppista all'uscita da uno stadio.
Dove sta il sacrificio. il merito, il lavoro?
Quello che non vogliamo più fare
e lo fanno gli stranieri immigrati
e noi ci arrabbiamo con loro
perché ci rubano il posto.
Che non possiamo più avere come certo.
Questione culturale + Educazione occidentale ci hanno confuso le
incerte certezze.
Insieme a Televisione, Pubblicità, Quiz a premi, Reality.
E ancora parliamo di vecchia obsoleta politica:
destra e sinistra, comunisti e fascisti.
Conservatori e progressisti.
Nel frattempo, chi comanda il mondo sono dieci società finanziarie.
E in special modo il mercato ingiusto. La speculazione immorale.
E proliferano il gioco. Il poker. Le lotterie. Le scommesse.
Invece di costruirci un destino, tentiamo la sorte.
E lo slogan subdolo "Lavora-Produci-Compra-Indébitati-Consuma-Ricomincia".
Se prendi quel volantino e lo leggi,
sei stregato per sempre.
E impari a contare fino a cifre fantastiche anche se conti niente
nell'urna immensa del superglobo.
Ma va da sempre così.
E tutti ruotiamo racchiusi in un bussolotto.
Eppure, malgrado il poco che ognuno di noi è, i soli possibili
cambiamenti si fanno su piccoli numeri.
Ripenso a un me di tanti anni fa,
confuso.
Ora come allora faccio fatica a capire.
Quanti errori abbiamo fatto nel progetto della casa comune.
Un'Europa che stà stretta a tutti,
orizzonti allargati per chi corre veloce,
senza riferimenti e protezione per gli altri
condannati alla rinuncia ieri oggi e domani.
Non c'è spazio abbastanza. E tutti soffriamo di claustrofobia.
Non c'è aria. E spesso sentiamo un senso di soffocamento.
È pure un po' buia. E ancora cerchiamo la luce.
Un ultimo grido di sole si aggrappa sul bordo dell'orizzonte.
Un fuoco stremato a tenere lontane le belve dell'inverno.
È uno strano momento.
Forse è solo l'età,
quel giro di boa sopraggiunto
quel dire " ai miei tempi "
che ormai nostalgico si ripropone quasi senza intervallo.
Il grigio adesso è dappertutto.
Quel grigio che ormai mi appartiene,
modesto, velato e galant'uomo.
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Lirica gradita, letta con molto piacere!
- originale apprezzata
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0