Nel sangue si unisce e si disperde
la rotta per nefaste circostanze.
Dio mi assolva
dall'essere un abile sognatore
che cerca di stare in equilibrio su un tronco accostato all'abisso.
Eppure in questa prigione inviolabile,
oltre questa terra indomabile,
piove ancora nel mio giardino
il vento muove, i capelli tengono tra loro legata
una memoria che ha suono, quella sera,
di migliaia di forme afone
che risalgono la sacca di una cornamusa
per inseguirne il melodramma sul vuoto.
Ma non importa quanto profonda sia la fine,
sono il pianto che sostiene
la volontà imperturbabile
mossa col dito
a indicare:
"deciso che l'umano sia un credo:
una volta è fiocina, l'altra è carne
con cui è stata trafitta".
E per nessuna cosa
s'impedirà al corpo di ritrovarsi marionetta,
peso costante sulla scena
distanziato sul volo di una danza
al suolo, trionfante sulle spalle,
a insegnare come si rinnega l'errore
di un'utopia sull'amore.
Con me sarà quel gelido gemito,
il chiarore del mattino non rallenterà
qualcosa che sa di casa,
è dove potrò strappare al cielo un'altra notte
per temere che crolli violenza
sulla porta del mio destino,
precursore della mia anima invincibile.