Rimembro il rimirare la rincorsa
del Sole, quando tenebra combatte.
Sul mondo intero incombe fredda morsa
che sugge da voragini scarlatte.
Sol io solevo assimilare il dramma
d'un astro che rischiara ingrata Terra
da ignoti tempi, senza protestare.
S'arrestino i tamburi della guerra
e ognuno provi infine a immaginare
le immemori fatiche della fiamma.
Cadrebbe umana boria addormentata
nell'ombra dell'enigma mai risolto:
"Perché tu, Sole, l'anima ti danni
usando come specchio mari e fiumi
per contemplare inquieto i nostri affanni,
gemendo per gli errori dello stolto?
Se questa landa al buio è destinata,
perché da sempre il corpo tuo consumi
nell'atto di tenerla illuminata?"
Per quanto tu sia nato grande e forte,
l'insania è un bieco germe che rinasce,
mio astro, e così vasta è questa notte
che per scacciarla acceleri tua sorte.
Spietata è questa coltre che c'inghiotte,
calandoci una maschera sul volto,
e mentre il matto grida, il savio langue
come facesti tu, sul viso esangue
del giorno eterno, morto ancora in fasce.