ma chi l’ha detto
che per esser onesta,
la poesia dev’essere stracciona,
piena di ferite della vita,
gonfia di strappi dentro l’anima?
A me sembra, piuttosto,
figurata a vederla,
grassa di corpi sazi,
di compiaciuti visi senza rogne,
che stanno alla finestra a cicalare
sul mondo che non vivono davvero;
o quel che peggio, vassalla, cortigiana,
sciocca istrione del diritto imperante
o affettata di buoni sentimenti,
da fare lacrimar giurie concorsuali
o lettori di bocca molto buona;
dev’esser quel che è la poesia,
povera nel suo dire, ma ricca dentro,
aperta al nuovo, pervasa di coraggio,
che faccia “strage” di tutti i medievali
con il telefonino in mano e il cuore buio,
aperti a questa e a quella prospettiva,
ma chiusi ai poveracci di borgata