E mi sovviene ancor nella memoria
la voce di un'impavida maestra
che mossa dal suo senso del dovere
mi conduceva in classe a dire versi...
Ricordo la chiamavo "signorina",
malgrado i vezzi bianchi sulla chioma,
e dentro quattro mura un po' annerite
mi preparava ad affrontar la vita!
Il freddo dell'inverno era passato
con le gelate e i segni sulle gote
che ancor cercavano rifugio
nel morbido tepor delle sue dita.
Portava camicette di cotone
con dei ricami al passo di stagione
e mi colpiva l'odorosa trama
di candeggina e fiori di lampone.
La mano sempre sporca di gessetti,
che manovrava con un fare accorto
ad evitare di sentir le lagne
di chi soffriva, con la pelle d'oca,
la stridula scrittura su lavagna...
Ricordo quando entrava il direttore,
e gli mostrava i nostri quadernetti,
barchette senza remi alla deriva
d'un mare che spiaggiava per l'affetto...
Poi ci portava fuori a primavera
per liberare sogni di fanciulli,
e l'aria tersa s'inondava
d'un canto che graffiava le tonsille.
Pesanti come pietre quei ricordi:
un alfabeto che costeggia i cigli
dei giorni nostri divenuti tristi
per noi che ci sentiamo sempre figli!
Era una maestra...
Ma quando il cor s'infiamma,
per tutti noi rimane
una seconda mamma!