L'anima
richiama lo spirito inventivo del vento quando troppe nubi si addensano nel suo cielo
Ho la sfortuna di chiamarmi Fido
accorro sempre scodinzolante da ordinaria follia quando per giochi di coscienza binaria mi fischi dal Tuo sacro tetto ruotante a baldacchino
l'amore non ha tempo s'avvicenda soltanto cambiando di collirio nel testimoniare il variare transitorio delle culture
né zampe erigibili a coda di tacchino
nella semente fantasia di una spremuta d'arancia senza semi
s'abbisogna
di un parco di giorni sereni ed un taccuino frugale per fiorire in sobrietà di versi
nel torace alveare del sogno ilare
Inutile dirlo
ho la fortuna di chiamarmi Don Diego
sono sordo come il servo di una allarmante campana
ma in un sol dì ho sotterrato
l'osso del mio ego
fra le radici di una sempreverde sequoia tira le cuoia
la luna non mente
quando sbadiglia di pancia si risveglia in libertà di pensiero inglobando calore a specchio di sole
oltrepassato
l'ultimo confine del corpo
più nessuno la tocca con mani villose in fuga d'eclisse
fra notti di note e cantucci alati in accordi mandorlati di pane
ama da quel luogo a dismisura
il presente riluce
l'Oltre misura ogni emozione d'Amore non ha più piedi di uomo per tornare indietro da un bagliore futuro
il cuore
concavo
è l'onda ad arco
di un cavo convesso lanciato nell'avanti di una svolta celeste
Meridiane d'aurora
le ore del giorno
non hanno più linee marcate d'ombra i seni oppressi delle donne hanno voglia di ridere di espandersi in raggi di sole
fra il corpo del mare e la spiaggia dell'anima splende una cava lambita dalla luce delle stelle