Placide canne
lungo una scarpata
abbandonate
s'inchinano al vento
i fili d'erba son bambini che giocano
e quel moscone
chissà che cerca
tra i ciottoli sporchi
C'è calma, si placa il tumulto
è veramente inutile
tutto questo dolore
la natura non sa che farsene
Originale ispirazione a Pascal e a Gazia Deledda... l'uomo in balia delle forze avverse del destino come le canne lo sono del vento... la calma è la massima forma di felicità... era la concezione di molti a partire dagli stoici.. difficile da raggiungere e soprattutto da mantenere...
grazie Eos del tuo commento sempre attento, e grazie anche a te Silvia, si, cerco d'essere sintetico perchè ho notato che nella lunghezza un po' ci si disperde (almeno io...) vi abbraccio
le canne si piegano al vento, ne assecondano il movimento così come i fili d'erba che sembrano bambini in gioco... l'uomo adulto ha invece la pretesa di capire, si oppone al vento, vorrebbe fosse lui a piegarsi alla sua volontà egoista e prevaricatrice... di qui il dolore inutile e stonato nell'ordine perfetto di una natura serena.
bellissima in tutte e due le strofe!
ti abbraccio
eos
La natura non sa che farsene - bella e piena questa frase e la sua bellezza è nel suo valore semantico, nella sua veridicità. Bella Ciro questa tua lirica, bella che merita anche di essere condivisa sulla piazzetta virtuale. Amo le poesie brevi e intense. A rileggerci
Spesso mi sono chiesto come mai la natura, come se fosse qualcosa di avulso da noi uomini, potesse continuare come sempre, sui suoi binari, nonostante tutto il dolore che c'è sulla terra... È il rimprovero che sempre, in varie epoche, è stato fatto ad un Dio distratto e lontano... questa poesia nasce da un dolore tutto mio, e la conclusione finale in quel momento mi sembrò come una specie di illuminazione... tutto qui
grazie Alessandro