Quel corpo di marmo giace
isolato, sul terreno arido
che custodisce e protegge il tuo ricordo.
In un attimo,
del mondo nulla più mi piace.
Le urla riecheggiano e
smuovono le anime,
noncuranti di culti e stupide funzioni,
ma tu rimani intatta,
nella mia mente e nei miei occhi.
Mi abbraccio a questa lapide
che di te altro non ha
che il nome
inciso sulla superficie
di quel marmo lavorato.
La pioggia batte violenta
sullo squallido ammasso di pietra
che si veste del tuo volto.
Sotto la potenza delle sue frustate
vedo la pioggia accennare un lento ritmo
che mi riporta alle tue dita
da musicista improvvisata,
ed ai tuoi occhi allegri
mentre battevi il tempo
di una lenta melodia
catturata chissà dove,
chissà quando.
E tutto ricorda te...
Quelle facce hanno il tuo volto.
Quella pioggia risveglia in me
il rumore dei tuoi passi,
e quel vento alterna ai suoi sussurri
il suono triste e smorto della tua voce.
Una voce che spezzava in gola
ogni suo pensiero,
ogni suo gemito.
Una voce che non avrò più il piacere di ascoltare.
Ora la pioggia ristagna
anche nei miei occhi,
che annaffiano di morte il terreno
già bagnato da lacrime senza volto.
Ora le mie mani sono graffiate
ed il mio volto è sporco.
Sanguina la mia anima
come sanguina il mio corpo.
Mentre un po' più in là si
fanno spazio tra le urla
sorrisi d'ipocriti e lacrime d'opportunisti.
Non mostrare dolore.
"Dobbiamo piangere ridendo",
dicevi,
"I sorrisi saranno le nostre lacrime".
Ma il sorriso è partito
quando sei partita tu.
Tornerai?