Boccheggi, il pelo sudicio e arruffato.
Sotto il cocente Sole, affaticato,
t'aggrappi a questo misero sperare.
T'illudi e ancora tenti di scrutare
oltre l'avverso vuoto; tra gli sterpi
e le polveri erranti attendi un segno,
lo scintillio che macchia lo stradone.
Ingenuo, ti domandi: "È questo il pegno
per qualche torto inflitto al mio padrone?"
Non sai, ma la tua cieca riverenza
donasti a chi ha lo sguardo delle serpi.
Per te l'estate è data di scadenza.
Legato sarai sempre a chi ti scaccia:
testardo, annusi tra le stoppie e i sassi
nell'angosciosa cerca d'una traccia.
D'un tratto pensi: "È un gioco o m'ha scordato"
e attendi il rombo, i familiari passi.
"Non sorrideva quando m'ha lasciato".
Non sai, ma nel suo petto era cemento.
Se sua percossa era per te carezza,
nel falso amor non scorgi tradimento.
Coi figli suoi godesti giovinezza
ma lui fu il primo amico, il tuo protetto.
Insorge il sonno, il fiato si fa stretto
e pesano le palpebre. Va bene,
sai che ritornerà. Il tuo passo cede
ancora e tutto tace, ma va bene:
avrà fine il castigo e il suo sorriso
s'accenderà per il tuo cuore liso
che il suo perdono, e nulla d'altro, chiede.