Quando dal sentir del tuo cuore o dolore, o piacere
ti prende si produce, un pensiero, una melodia,
almeno io devo subito ricorrere a un'arma che sia
una penna, una tastiera, un lapis, un pennarelllo
e preso un foglio in un primo momento, darci dentro
scrivendo, tasteggiando, imprimendo, con furore
come un guerriero con l'arma, il pittore, il pennello
che non è facile mantenere la tensione alta, forte
Udite! Udite! Che già il gridar vuol dire forse
aver niente da dire, così per attirar l'attenzione.
Ma il poetare è fare, anche un giocare, costruire
battere con un martello il chiodo sul ferro,
ricorrere in certi casi a metafore come immagine
come la gallina nel pollaio, il porto e il mare
la nave che affonda, lo sguardo come della Gioconda.
Poi le parole, lo stile, da ricercare esatte, con pazienza
anni di studio o letture, che con la lena di una iena
devi farle calzare nell'incastro metrico o libero
il sentimento che ti sgorga in piena. Così arrivi.
Arrivi a chi ti legge che merita rispetto che talvolta
ho l'impressione come di prenderlo in giro,
per come sono pigro, privo di iniziativa, che viro
da una stanza ad un altra, con sottofondo uccellini,
un gufo mattutino che lancia il suo segnale
(secondo me in ritardo...)
"E questa secondo te è una poesia?
"Ma che ci fai qui, sentimento palloso...
"Cioè per te è una poesia che imprime senti...
"Ma la vuoi smettere, te ne vuoi andare..
"Lo sai che non posso, senza me non potresti rimare.