Ragazza mia
sono quasi novanta primavere
e già da tempo non sento più
il cozzare lieve dell’ariete travestito da pecora
e la volontà ostinata nascosta dietro alla rinuncia.
Ma nell’album di famiglia ti vedo come eri
madre di eroi negli anni della perdita atroce
quando hai fatto il voto che ci ha messi al mondo.
Da lì ti seguo pagina dopo pagina
e nella fronte corrucciata
capisco ogni fatica ogni angoscia e ogni paura.
E non sono più il giudice di ogni colpa
che ti ha fatto girare più forte nel tegame
per mischiare i dubbi alle certezze.
E non rispondo più male alle domande inutili
fatte solo per parlare.
Ora so che hai fatto il meglio che potevi.