Era uscito dal corpo per non soffrire.
Per raccontarsi un sacco di stronzate.
Ora non riusciva più a tornarci dentro e a dimenticare il viaggio che aveva fatto.
Era rimasto intrappolato nella debolezza alla quale non aveva mai aspirato, ma nella quale chi gli voleva bene l'aveva spinto con fermezza. Convinti di fare la cosa giusta.
Era troppo fragile, troppo buono, troppo speciale. Era troppo, anche per se stesso.
E sebbene stesse imparando a difendersi in quel periodo, qualcosa ruppe l'equilibrio per sempre.
Ma nulla è per sempre, nulla è mai per sempre. Tutto si rompe e assume un'altra forma.
È solo questione di fiducia, di speranza. Di tempo.