Posseggo gelosamente solo le parole.
Non ho pregi, non ho sentieri, non ho prole.
Assaporo il fumo delle mie labbra,
Mi inaridisce, come la lebbra.
Mi volto: l'inespressione del mio volto
È immobilità di uno stolto.
Mastico i desideri su per i sentieri,
Li sento maledettamente veri.
Custoditi nel sarcofago del futuro,
Controllati da un Tutankhamon bambino.
Morto come altri bambini: giovane e divino.
Possiedi tutto, mio simile;
Eppure, sempre simile, mi imiti vile:
Rimani incappucciato e protetto dal tuo ovile.
Posseggo solo le parole
E loro posseggono la mia infima volontà
Di volare seduta, comoda: un saluto a sua maestà.
Giungerà, tra la nebbia impervia e scivolosa, quella donna
Di comune nome: Forza.
Giungerà con occhi di Medusa,
Come un gatto cederà le sue fusa.
E graffierà quel volto stolto,
Ormai dalla pietra avvolto.
Il timore non dev'essere il mio vestito,
Dante visitò prima l'inferno e poi l'infinito.
Quei serpenti agghiaccianti,
Grandi come giganti,
Viscidi come remoti istanti,
Saranno, nella vita, estinti.
Pioveranno gocce di vizi,
Tempeste lussuriose,
tra dabbenaggine di vari tizi.
Cene fastose come quella di Trimalchione,
volgari borghesi che recitano un copione.
La donna chiamata Forza farà da paciere
Nelle costanti liti tra dovere e piacere.
Medusa, masticando briciole di tempo,
Diverrà temperanza e giustizia.
Avvilupperà nelle fauci la pigrizia.
Metamorfosi ammiccante,
Prologo di un potere suadente.
Tutto è illusione costante:
Il passato, il futuro, il presente.