Capitale e penombre
sera d'ottobre
scudisciata dal vento
e una bottiglia accanto.
Capitale di vizi,
di sigari e di spazi angusti,
di polvere, colpi di tosse,
percosse e screzi,
locande buie che son pertugi sozzi.
Sfregi sui miei fianchi
ed occhi sbilenchi,
storditi a fissare tavoli
come banchi di scuola,
come banchi di nebbia
che mi penetra nei bronchi
e accompagna il crepuscolo dei vicoli.
Gatti randagi a divorare un osso
tra le boulevard e il mulino rosso.
Tabacco secco che mi esce a brume
sollevo il gomito e mi avvento sul boccale
come sorci a sciacallare
montagne di pattume.
Cessa il suono della fisarmonica
si attenua sul viale anche l'ultimo lume
ed è già domenica.