È l'ora del ballo di gala,
è notte. Uno sciame di luci
abbaglia la maestosa sala.
"Danzate, o amabili coppie,
sul palco, sui passi calcati.
Mostrate al pubblico gli occhi
brillanti, i volti truccati".
Risuonano i vuoti rintocchi
di un'ora mai giovane o tarda,
di un tempo che nacque spergiuro.
"Che fai tu in quell'angolo oscuro?
Non danzi, non porti una dama?
Or mostrati e sii cavaliere:
seguire la coreografia
per tutti è dovuto mestiere!"
"Nessuno mi tocchi, non temo
le guardie che avanzano truci.
Già dorme la donna che m'ama,
già dorme e non voglio che sia
ancora più tetro il risveglio.
Che sogni e conservi speranza.
Nel sonno mi getterò anch'io,
fuggendo l'ignobile danza
voluta da un folle o da un dio".