Del vecchio castello sulla cima del monte,
un tempo solenne e potente, ora non restano
che muri avviliti, pietre abbattute dai tempi,
grate ossidate, e il silenzio regnante tra muffe.
Dal torrione ormai cieco e deserto,
più non si scruta la grande vallata che s'andava lontana.
La spoglia spianata d'intorno,
accoglie soltanto sporadici sguardi distratti,
che muoion gettati tra i sassi e gli sterpi contorti.
È duro il percorso che conduce al castello,
ove le capre vi vanno, domando le rocce,
e i loro richiami si perdono in echi lontani,
tra rupi, calanchi, e orizzonti sfumanti.
Il mio ricordo s'aggira talvolta
in quei luoghi, ripercorrendo il passato,
ritrovandomi in rigidi inverni, ed estati roventi,
accanto a mio padre, intento ad intagliare
piccoli pifferi, da esili canne piegate dai vènti,
con cui tentavo suonare, sotto lo sguardo divertito di lui.
Le notti erano lunghe, vaste, silenziose,
in qualche maniera opprimenti, mentre mi rigiravo nel letto
di pagliericci e assai alto per me.
La luna nel cielo, illuminava il tetro castello, con candido velo,
il quale si animava di ancestrali paure, che turbavano i sogni.