E tra le onde d'un mare umiliato
che mi beve i respiri
ardo nella vergogna che tace agli occhi.
E la falsità del cielo
m'è dannazione nella carne,
dove l'eco muore su sassi battuti dal vento
nell'otre della disperazione.
Versi stanchi d'abbattere pareti d'una realtà
che vomita il pane dei sacrifici.
Universi interi mi percorrono,
e sono assenza, senza sapere di essere
quiete dolcezza in questo dolore.
Voracità che non ha limiti,
divora fuochi e dei,
gridano i continenti
nel loro piegarsi al pianto
che indietreggia i mari.
Coscienza assassina
dell'effimero perenne.
E trema l'anima
su cattedrali che non hanno fede.
Affonda, il dolore,
l'erezione del suo pensiero
nei più morbosi sogni,
e sputa addosso ai loro simulacri
lo sperma gelido del suo disprezzo.
Strazio che è torcia che arde
eternamente di fuoco immobile.
È quest'eternità imponderabile
che al petto mi si conficca,
e nel dolore del ventre
partorisce la palude
che squarcia e deflora l'innocenza.
E stanco il corpo giace freddo,
l'ira spacca i vetri della gloria
mordendo a sangue
i piedi d'un crocifisso
che non m'arrecato salvezza.