O notte, perché ancor tormenti
quest'occhio spossato che vede
a stento il presente, e non crede
ad altro. È per rabbia o per noia
che incerta lancetta trascini,
scuotendomi, indietro e in avanti?
Rigetta la mia feritoia
intenti e ricordi assassini:
mi vedo ora sposo agghindato,
scortato dall'auree campane;
or vedovo in triste commiato
che abiura ogni umano legame;
spossato da ignoti malanni
il corpo mi vedo strappare,
e il dopo non scorgo! Non posso
rivivere né rimediare.
O notte, a quest'occhio ormai rosso
confessa le trame degli anni:
attendeami già da bambino
un duolo, una colpa, un sorriso?
Che vale sognare il destino,
la rotta d'un uomo indeciso?
Mi vuoi a regalare carezze
o come crudele tiranno
a vivere d'efferatezze?
È solo un diabolico inganno
la scelta, quel bivio innocente
nell'attimo, e in seguito urgente?
O notte, che mostri, che ciarli
del dopo, del tempo che passa
al cuor ch'è già in pasto a una cassa
di legno, scavata dai tarli?