È tardi; ogni momento è un altro ieri:
in questa giungla senza più simbiosi
siamo alberi che piangon le radici
scomparse, siamo prede dello sbaglio
che premia i falsi e umilia i veri amici,
come se i pugni e i fiati rancorosi
potessero svuotare i camposanti
o spaventar gli scomodi pensieri.
Nella matassa di locomotori,
di gremiti vagoni e cigolanti
si perde il pendolare; il suo bagaglio
di delusioni odierne e di languori
ad altri volentieri getterebbe,
ai campi che si perdono oltre il vetro;
ma quello poi, fiutando, lesto indietro
più carico che mai ritornerebbe.
Rimescolando a sera i dì passati
scacciamo intimoriti la coscienza:
cantano i fiaschi, sbattono le porte
di esausti amanti e sposi consumati,
scacciati da una più tetra consorte:
l'accidia. È vano dall'angusta cima
tentare un salto nel domani senza
aver fatto la pace con il prima.