Ho visto un pianeta nero
l'altra notte (fuori orario)
brancolare su piste
d'intenso gesso affumicato
come il saluto di un moncone.
Si accorciava
e i suoi lamenti periferici
di silice e d'ozono,
presso il centro,
e gli istanti pietrificati,
goccia a goccia,
li vedevo
attorcigliarsi
nel silenzio.
Fiabe di zolla
con atomi e fissioni.
Un muro alle mie spalle
(ma non ridevo) s'alzava.
Assorbivo invece quella fuga
gelida e infetta
con trame di opacità
con cipressi e deviazioni
con segreti di femmina e di maschio,
altari sacrificali
e mescolanza di nodi,
impasti solenni di statue sulla riva,
allineate e fredde
nel loro timore di sabbia impura
prima della marea.
La mia solita vita d'uomo,
un cuore che pulsa
sotto la giacca
e le ore che scivolano giù
dal taschino e dalle unghie
come scappando
da uno sfacelo.