"When I was younger, so much younger than today"
così cantavano i favolosi quattro di Liverpool.
Quando ero molto più giovane di adesso,
io ero anche più chiuso e triste.
Uno sterminato magazzino d'amore
sopravviveva a stenti dentro il mio animo.
Per tanti anni ho rinunciato
alla felicità che era alla mia portata.
Ero da un'altra parte.
Ero nel covo infinito in cui
la miseria, gli spigoli, pentimenti
si condensavano e zampillavano lucidi
e rumoreggiavano fra le bucce rosicchiate
nel sangue e nel sudore
negli intestini amari, cupi, acquattati e freddi.
Si sollevavano a nugoli lingue salate,
le incalzanti tonache del catechismo e dell'acqua santa
e succhiavano l'irripetibile silenzio
appiccicato ai muri,
un dramma troppo stupido per essere osceno.
E il pertugio per arrivarci è sempre aperto.
Tutti abbiamo un angolo della paura, della vergogna,
del rifugio, della timidezza, del dolore, della colpa,
dell'egoismo, della solitudine, dell'infelicità.
Basta starci il minor tempo possibile,
se e quando succede di aprire gli occhi e di trovarsi lì dentro.
Basta soprattutto saperne uscire
con la vena d'amore sempre abbondante e fluente.
Lo so che una vita non basta
per provare tutte le emozioni e tutta la felicità possibili.
Ma ci proviamo,
ci dobbiamo provare,
è il nostro undicesimo comandamento.