Due vite
grande, incomprimibile giocoliere Dio
in dono per me serbasti;
la prima perchè le gambe muovessi,
la seconda perchè le ammaestrassi a volare.
Quest'esistere
è febbre d'indomita, talora assassina velocità,
quanti battiti di cuore,
custoditi da un abitacolo alleato,
quanti circuiti disegnati dalla paura,
ch' è arte di sfidarsi mai smarrendosi.
Poi, improvviso ecco dileguarsi,
l'orgoglioso, indominabile deambulare,
arti inferiori non più arti,
ma forse diventati di più;
ruggito di respiro
sempre fu quel profumo di Ferrari,
che mai si dissolse
nella scienza da me bandita del dolore.
Anch'io c'ero, fratello Niki,
nelle curve infedeli di quell'autodromo,
quando cenere eri e alla cenere ti sottrassi,
e ci facemmo beffe del fumo furibondo.
Quale sogno mi disegnasti nel cuore,
sbarazzina terra d'Elvezia,
il Guglielmo Tell che trafigger seppe,
la mela fresca del mio cuore,
quattro ruote e un turbo possedeva,
Enzo "Drake" e Frank
demiurghi dal burbero sguardo
ma dalle vene di uomini veri e sinceri,
quanti gran premi vestimmo di passione,
per quella Formula Uno incandescente,
che talor ha dolcezza,
di laica religione?
Eccomi a te
Signore delle curve dei box e delle gallerie,
il segno sulla pelle avverto già vibrante,
di quella nuvola che per me disegnasti,
a forma di volante.