Vi prenderei in braccio, tutti,
bambini in lacrime di Gaza,
vi solleverei da quella terra
inospitale e tetra
dove albergano i segni
della morte e della distruzione.
Vi chiederei di alzare le mani
tese verso il cielo,
quel cielo scuro da dove
piovono i confetti amari
dell'odio e dell'intolleranza.
Forse tra le mie braccia
quel cielo non sarebbe
più così lontano,
e dietro il nero della morte
potreste vedere l'azzurro della vita.
Fracassati crani e dissanguate membra
si ricomporrebbero allora
per ridare il soffio della vita
a chi dorme aspettando l'alba,
un'alba di pace e di giochi
sulle rive di quel mare insanguinato.
Ritornerà il sorriso un giorno
sui vostri volti scavati
dai pianti e dal terrore;
ritorneranno a fiorire
l'ibisco e l'oleandro
sulle macerie delle vostre case.
Ma se volete venir tra le mie braccia
non dimenticate i vostri orsacchiotti
e le vostre bambole di pezza,
perché non torneremo più
nel mondo degli adulti,
non torneremo più
là dove ci si sputa e ci si ammazza.
Voleremo insieme alla ricerca
di fiumi e mari senza corpi alla deriva,
porteremo con noi cani e gatti
e agnelli, buoi, maiali e tori
e faremo un grande girotondo
tenendoci per mano e fissando
con gli occhi senza più paure
quel sole che adesso non dà più calore.