Fiori silvestri, papaveri rossi distese di orzo e campi di grano, ovunque mi giro e sento con mano.
Vedo le trebbie in mezzo la messe, la lolla abbondante che fuoriesce, frotte di passeri beccano i chicchi, quelli caduti, non vanno perduti.
Alte nel cielo le rondini stanno, dal loro volo sono distratto, solo perché veloce ed astratto, ma dalle massaie un canto si leva nell'afa opprimente di un giorno splendente.
Il sole già alto picchia incessante, la fronte assai rossa e sudore grondante,
l'ora del pasto rinfranca i braccianti sotto la chioma di un vecchio ailanto, l'ombra gradita è come un incanto.
Arriva il meriggio, in un cielo sì terso che il canto del cùculo non ancora si è perso.
Sento l'odore di un erba più fresca, un contadino è appena passato, un solco di fieno è stato tagliato.
Vanno le ore oltre il tramonto, sento una squilla.. otto rintocchi, grilli e cicale cantano in coro, all'ultima nota si sfidano loro.
Tutti si torna nelle proprie dimore, il lavoro sì fatto di fatica e col cuore, ma l'alzata è di nuovo.. fra pochissime ore.
È scesa la sera tranquilla e serena, si leva una brezza con leggerezza, il corpo e la mente ella accarezza.
Buio e stellato il firmamento, mi porta il ricordo di quel dolce momento, dell'Eterno è la mano assai grandiosa, stupenda stagione.. meravigliosa.