Schiuma irato il mare
nell’onda aspra
che s’infrange alla riva.
Un sordo muggito,
il lamento infuriato
di un Nettuno
non più dio
né mai mortale,
dacché la superbia
dell’umana specie
irride il suo nome.
Ci fu un tempo
che i naviganti
gli rivolgevan preghiere,
a lui s’affidavano nei viaggi,
epoche ormai dimenticate
da poveri dementi
che tutto e niente sanno.
Sopra l’onde corre il canto
di chi nei tempi
è stato accolto nelle braccia
di un dio che nessun più vuole.
È una melodia di risacca,
di voci che vanno e vengono,
un gorgoglio che sale dal fondo,
una nenia accorata di umidi spiriti
che sciolgono in pianto
la fine del loro mondo.
Nella tempesta cessata
sull’onda che rallenta
prende il volo un gabbiano
verso orizzonte
dove acqua e cielo si mischiano
e un sogno continua lontano.