Ridete, ignobili, traditrici
invisibili fibre,
che morte baciaste
per scorgervi spirito annientatore.
Eternit aveste per nome,
ma nulla possedete
di immarcescibilmente divino,
se non il vostro sadico marciume,
che danzando andò su dignità di corpi
ignari e indifesi
come ballerino di fuoco urlante,
di amianto avidamente scalpitante,
addestrato a divorare
stridulamente sogghignante,
anime custodite da membra indebolite.
Quando, quando mai pagherai,
quando il tuo conto di sangue
finalmente saldato sarà,
al cospetto di quella giustizia
che s'avventa anch'essa talora
a guisa di lama rovente e indifferente,
su lacrime cesellate dal ricordo,
sul volto di parenti orfani
di amori che davvero avevan nome amori?
Giorno giunga,
su carrozza di rinfrescante,
etica rinascita,
in cui il tuo cancerogeno avventarsi
su chi lavoro creò
e di lavoro si vide morire,
che le spalle gli voltò
come un amico subdolamente traditore,
più non possiederà neppure intenzioni di unghie.
Perchè più non si abbia a gridare,
e le labbra gementi non si rivelino,
nel custodire il morbo dell'espressione,
"injustitia in Eternit".