Praga,
mantello di luminescente dignità
vergine matrona
di ancestrali respiri di storia e arte,
il tuo cuore sradicato scorgo
dai carriarmati del rosso
vigliacco e traditore,
falce e martello
che piantati fuoro
sul tuo diadema di dolcezza sovrana.
Eccoti,
piazza san Venceslao,
lingua di viale seducente
cantare nenie di una tristezza,
che mai vorrei fosse soltanto,
polvere di storia da celare.
Adorata,
carezzevole culla boema,
il tuo Jan or evasore si è scelto,
dal tepore ferito delle tue braccia,
perchè dal suo deliberato ardere,
fuoco germogli,
d'anelata, inestirpabile libertà.
No,
fetida bocca sovietica,
che di cadaveri innocenti trabocchi,
ignobilmente orgogliosa,
l'anima cecoslovacca
mai divorerà nel tuo stomaco aguzzino,
nè mai reciderai
nel cielo complice della sera,
la stella guerriera eppur dolcissima,
di questa nostra Primavera.
Jan, popolo ceco,
ha ora le tue mani nella sua sola mano,
sogno di ritrovata indipendenza
i miei occhi non vedranno
ma tra le fiamme m'addormento,
nella certezza mai ondivaga,
che senza catene saremo,
nel nostro ruggito
moravo e boemo.
"Poichè i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esporre la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo" (Jan Palach)