Ti amo, Dora Baltea,
che da labbra complici di montagne,
imperiosa e materna erompi,
fino a distenderti serena,
alle scaturigini delle mie labbra,
che d'adolescenze celtiche e romane,
ebbero il primigenio nutrimento,
e fasti carolingi attraversarono,
per giungere ai cancelli dorati
d'un'anelata modernità.
Ho sorgente di basaltica memoria,
che ruggisce da porta Praetoria,
Augusta mi chiamarono i Latini,
da monti coccolata,
un po' padri e un po' bambini.
D'ogni anfratto di mondo,
uomo,
di me coltiva l'inesplorato gusto,
di scoprirmi donna intrisa di storia,
sotto l'arco di Augusto,
mi scorgerai celiante,
con le acque sbarazzine,
dell'esile Buthier
o scintillare tra gli spazi
della fiera di Sant'Orso,
o, se il disio del trascendente ti avvolge,
t'offro a dimora d'anima,
l'adorata chiesa di Saint Etienne
perchè Aosta,
esser possa per ogni generazione,
la voce mai sopita,
d'un'immortale seduzione.