Mi dondolo su quel quarto di luna, e solo non sono,
su ogni stella brilla una sillaba d'oro,
scritta da una penna macchiata di sangue sono,
infinite appaiono, ma ben spartite e perciò non moro;
mi si guarda in sordina e nemmeno un suono
a la tromba emette il trombettiere perché non ha foro,
allora ne lo cielo scuro appare rabbioso un tuono,
mi presenta agli astanti come poeta coronato d'alloro.
A la indifferenza loro, lo quarto de luna me scova,
la penna langue, ma a nessuno manca,
ma poi lo genio poetico la via trova;
riempie bianchi fogli, usando sapientemente le sillabe d'oro,
mentre le stelle una dopo l'altro scompaiono
e il quarto di luna dormendo fa infiniti sogni d'oro.