Vinegia pria di decantarti,
il mio debole cuor scusarsi vuole,
se incapace sono di ritrarre
la magia ribollente del tuo sole;
chè di soavità sei incomprimibile e ribelle,
collana d'amore
intarsiata da una scia di stelle,
la tua beltà nobile deborda,
oltre il fruscio delle mie umili,
povere parole.
Serenissima di marinare rimembranze,
calli, campi e sotoporteghi cesellati dalla luna,
qual fiore che onde di colori intonso serban,
è la musica della tua superba laguna.
Venezia,
ch'al cuore fai compiere gran salto,
al cospetto del ponte di Rialto,
dove chi s'ama al proprio sentimento,
dare vuol resistenza di basalto.
Ogni gondola tratteggia un desiderio,
forse un dolore,
forse mille domande,
brilla un regno nelle pupille d'ogni uomo,
poi che il suo sguardo s'abbevera,
a ca' d'Oro e canal Grande.
Venezia,
leone che ruggisce di ricordi,
immergici nello sbarazzino volo dei colombi,
chè il nostro viverti mutarsi possa in aquilone,
e piazza san Marco a noi s'offra,
come purezza d'una religione.
diario d'un sogno che mai muore,
Doge,
sui nostri visi cesella un vaporetto,
perchè questo viaggio estasi compiuta sia,
d'un angolo d'Italia ch'Iddio creò perfetto;
Murano,
per te serbato ho un angolo di fiato,
perchè lo sfavillar vi entri sempiterno,
del tuo vetro soffiato,
Burano,
i tuoi pizzi e merletti incastonati nella seta,
metafora luccicante fuoro e sono,
d'una vita preziosa e quieta.
Sguardo, serrar non devi il tuo cancello,
ancor t'attendono,
chiesa di San Giorgio,
Giudecca e Torcello,
e quell'industriale anima fiera,
che urla dalla zona di Marghera.
Da te si compì in Cina
viaggio lieve e tenue
ricamato da Marco Polo
che ci lasciò libraria libagione
le pagine intonse del Milione.
Venezia perdono mi concederai,
se malfermo ti ho porto il tuo ritratto,
ma credimi, da piccolo italiano,
per te sono e sempre andrò matto.