Di spumeggiante padana matrona
l'effigie possiedi
fruscio di magistrale seduzione,
il tuo universo dischiudendosi va
a guisa di sfavillante stanza
tra l'acque sbarazzine del Parma,
del Po e del Baganza.
Il fiero urlo della tua identità
già ebbe germoglio nella bronzea età,
orgoglio etrusco e longobardo,
tra guelfi e ghibellini coccolata,
finchè la storia su di te s'accese,
rendendoti ducato sotto Paolo Farnese.
Parma,
soave conchiglia cesellata dai Borboni,
nella tua robusta storia
eterea regna l'essenza
dell'orgoglio con cui ti scorgesti
contro il fascista giogo resistenza.
A inoltrarsi il guardo chiami,
nel tuo vestito soffice e a un tempo altero,
cucito tra il romanico Duomo,
e, figlio dell'Antelami, il Battistero.
E l'anima vieppiù si scopre melodiosa
ad ammirar santa Maria della steccata
e i bagliori dell'esile certosa,
ma anco l'impronta indelebile dell'artista,
che nom'ebbe di Correggio,
tra le labbra di san Giovanni Evangelista.
Parma ospitale e pura,
baluardo sei della cultura,
tra gli avvolgenti muri di libri
custoditi da palazzo Pilotta.
Riveli poi palazzo Tarasconi
ch'un tempo fu laborioso ostello di banchieri.
Le tue morbide linee
assai meglio di chi or scrive son narrate
tra i libri del mitico Stendhal
pagine carezzevoli e raffinate.
Da te nacquero i gorgheggi assai caldi,
della divina Renata Tebaldi.
Di te merito vanta ogni più piccolo anfratto,
da cortile san Martino fino al Vigatto.
E ora, te ne prego, prendiamoci per mano,
ch'in me dimora un languorino di tre dorate frecce,
lambrusco, prosciutto e parmigiano.