Nel teatro che si erge nell'animo umano,
Melpomene e Talia si prendono per mano.
L'attore e lo scrittore hanno un rapporto sacro,
sebbene sfoci spesso nel gioco al massacro.
Si apre il sipario, ed ecco, entra Lui,
che trae la sua gloria dall'opera altrui!
L'eterno intrigante che cerca ogni sera
qualcuno che alimenti la sua sicumera.
La misera energia di cui Egli e dotato,
all'ombra dei silenzi lo tiene appartato.
Il suo pensiero è lacrima al vento;
sfuggito alla tirannia d'un valido talento.
Qualcuno lo osserva ed Egli impotente,
compone e adorna silenzi stravolgenti.
Con gesti raffinati s'accinge ad inventare,
un nuovo personaggio che possa interpretare.
Un cieco inquietante innanzi a lui passa,
l'affissa, e un accidente di luce lo trapassa.
La lente deformante si rompe in mille pezzi:
S'affacciano i dubbi e crollano certezze.
Ed ecco! Scende Siva con danze distruttrici,
gli strappa dai silenzi le voci incantatrici.
Con ampie piroette mieta i desideri,
frantuma universi e scuote i cimiteri.
Distrutto si accascia e cade come spento;
si cerca sulle spalle la Croce del Talento.
Non v'è, non v'è mai stata, ma colpe non ne ha:
Colpevole fu solo la cruda cecità.