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CANTI DI UN DRAGO E DI UNA DEA
Tempo di immortali dimenticato,
non svelato ad occhi comuni,
coperto da volgari e ordinari
oggetti?" case su case e ferrovie?"
l’epoca moderna, narra la storia
di una Dèa e del suo impavido Drago.
Valle di sogni, di lussureggiante
flora di ogni specie, emana
profumi antichi, eppure esotici.
Si rincorrono mitiche creature,
le Figlie immortali della Memoria,
diffondono il loro canto divino.
S’aprono le foglie, il loro
fruscio richiama le Ninfe:
(Ninfe) “ Oh nostra Signora di bianco
vestita, diffondi il profumo
dei tuoi capelli d’ebano,
tendi la tua mano ambrata.”
In cerchi intorno a lei
le Ninfe sorridenti, vesti
leggere di tenui colori coprono
la loro pelle morbida, candida
- emana il profumo delle orchidee
speziate che cingono il capo di Venere.
Lei, silenziosa accarezza il capo
coperto di capelli dorati delle
Figlie della Memoria, sorridenti
chiedono a lei un cenno di grazia.
Volge lo sguardo la Signora, dai
suoi occhi un abbraccio caldo copre
le spalle delle esili creature.
Il vento dell’Est sospira sul suo volto
e inspira fragranze di terre
lontane e oscure, le terre dei Draghi.
(Dèa) “ È vicino sento i suoi passi
sull’erba bagnata dalla rugiada.”
(Ninfe) “Corriamo ad accogliere colui
che il cuore della Dea ha rapito,
colui che da lontano viene ad
annunciare la novella, la rinascita
di una Dèa non più bambina,
colui che con sé la porterà oltre i cieli.”
I loro piedi leggeri sull’erba
fresca?" nascono ai loro passi
corolle di petali variopinti?"
con movimenti di danza antica
liberano i loro capelli d’oro:
i riflessi aurei accecano gl’astri.
Dischiude le labbra, socchiude gl’occhi:
ritornano in immagini-luce
ricordi del tempo immortale ed
estraneo alle epoche umane,
quando Bellezza, Conoscenza, Forza
e Chiaroveggenza vivevano ancora.
Rivede la Dèa il tempo dei Draghi
E gl’esseri perfetti di luce, veri
di Forza e Conoscenza,
Bellezza e Chiaroveggenza,
vivevano contemplando le
Supreme Verità di cieli sospesi.
Città eterne erano allora,
mura di alabastro e cieli
turchesi; acque cristalline
sgorgavano dall’unica fonte
cui tutti loro attingevano,
ignari dell’odio e della viltà.
Figli di Draghi e Dee sognavano
senza sognare, cullavano i loro
amori eterni in notti stellate
mentre le Figlie della Memoria
accompagnavano i loro lenti sospiri
con la melodia della lira d’Apollo.
Rivede la prima popolazione
di magiche vallate verde-smeraldo,
fiumi adamantini e pioggia d’ambrosia:
società ideale era quella
di semidèi immortali per
purezza di desideri innati.
Nasce una goccia di liquido cristallo
dai suoi occhi che più non vedono
Utopia: rimembra ancora il
funesto giorno del vento di morte,
alzatosi da luoghi oscuri
dove vivevano esseri d’amianto.
Avevano ricoperto l’edenica vallata
dei sogni di triste rancore nero
come notti senza speranze, chiusi
i loro occhi erano dall’odio alla
Suprema Verità; sorde le loro
orecchie ai canti melodiosi:
piange e sospira ancora, la Dèa
- davanti agl’occhi le ali spezzate
delle Ninfe, invana resistenza
era la loro all’avanzare
del Mostro d’amianto dalle
temibili fauci grondanti di sangue.
Intonavano canti di grazia,
luminose di Bellezza sovrumana,
le Ninfe che il corpo della
giovane Dèa, ancora bambina,
difendevano dal vento di Morte:
moria di farfalle al suo passare.
Forza di Draghi in lingue di fuoco
sprigionavano i corpi di flessuose
creature dalla corazza di pietre
marmoree, candide di purezza
non dissimile dal loro animo
(fedeli ancora alla loro Signora
Bambina, già sposa predestinata).
Rigurgita sui mitici esseri
Pece di viltà e odio e morte
la bocca fumante del Mostro nero,
spazza la vallata, ricopre
di lurida crosta la Flora indifesa,
la Fauna figlia di Draghi e Dee.
(Dèa) “ Odore di morte aleggiava,
né più canti di Ninfe e sogni
alla rugiada del mattino, né più
profumi di unioni sovrumane,
ma grida di dolore dalle mie
sorelle dai loro impavidi compagni.
Perirono in difesa della loro
Signora ancora bambina?" ricordo
bruciante di sguardi strazianti,
lacera la mia memoria di Dèa?"
mi nascosero le Figlie
della Memoria in questo non-luogo.”
Il corteo delle festose Ninfe
torna alla sua Signora?" sottili
dita d’alabastro liberano
da meri strumenti la
melodia antica con cui cullarono
la Dèa-bambina nella sua età ignara.
Escludono le giovinette allo
sguardo della Dèa la vista del
Signore venuto da lontano
(freme la Vergine nell’attesa del
sogno reincarnato, della fiaba
sonora che da bambina cullava
il suo sonno): s’apre adesso il
grazioso corteo, lasciando
sospesi petali di fresie e
ali di farfalle, variopinta
nuvola, baluginante di profumi
d’infanzia, antichi come l’Eterno.
Appare lo Sposo atteso, il primo
della stirpe dei semidèi, forte
della Chiaroveggenza, fiero, dagli
occhi ardenti d’amore e passione.
Pelle di neve, capelli corvini
e labbra di porpora speziata.
Avanza verso la Signora, le
sue gambe sono forti come marmoree
colonne dei templi ellenici che
sopravvivono alla furia del
tempo, all’avanzare delle stagioni,
ignare della loro opera distruttrice.
Guarda gli occhi della Signora che,
immobile, non osa movimento.
S’avanza il semidio, lento come
il Piacere, sorride svelando
le perle che le sue labbra
custodiscono come ostriche.
Dinanzi a lei s’inginocchia
in preghiera, reca in mano
il fiore simbolo della purezza,
il Giglio colto nel giardino
dell’Eden, quando l’antica
Alleanza non era ancora dissolta.
(Drago) “ Nelle notti senza luna, nascosto
al veleno che l’aria pervase,
che ci costrinse a separarci,
questo giglio profumava la mia
caverna, mi rincuorava con la tua
dolce presenza, mia Signora eterna.”
(Dèa) “ Le Ninfe, le Figlie della Memoria
di te mi parlarono, mi educarono
al tuo ritorno, narrandomi le
gesta del Drago, primo della stirpe,
designandomi sua unica amante,
per consegnarmi alle tue braccia.
In fasce ancora mi protessero
dall’avvento dell’odio, vissi
quattro lustri nell’unica oasi in cui
Bellezza e Conoscenza
respiravano ancora, cullandomi
nel sogno del tuo volto eroico.
Ti aspettai, timida cerbiatta
dagli occhi di mandorla alla
ricerca di una fonte d’acqua
pura, mentre vaga per una selva
ostile, nutrita solo dall’immagine
fugace del tuo addio, avvolto
dalla nebbia del passato tormentato
dal lutto. Chiesi alle mie custodi
chi fossi e da dove venissi. Loro
tutto di te mi dissero, ma
non la tua ignota origine, né
il motivo della mia necessaria attesa.”
(Drago) “ Mano divina scrisse che
tu conoscessi il tuo destino al
compimento di quattro lustri,
come mi è stato imposto da Lui:
mai imposizione fu più gradita
graziosa Signora delle Dee immortali.”
(Dèa) “ Parla, dunque, straniero, mai stato
sconosciuto al mio cuore. Delizioso
turbamento agita in spasmi
le mie tenere carni inviolate,
fremo nell’attesa della tua
parola rivelatrice di sogni.”
(Drago) “ D’arcana memoria è la mia storia,
Signora dai capelli d’ebano:
la tua pelle ambrata e le
armoniose curve dei tuoi fianchi
non sono nuove agli occhi miei;
la tua sembianza non è dissimile dall’emblema
della Bellezza e della Conoscenza
che turbò i sogni del giovane uomo.
Ti conobbi donna, giovinetta e
bambina, nel tempo in cui i tuoi
occhi non erano ancora deliziati
dalla vista del primo Mondo.”
Interrompe la Dèa le parole
del Cavaliere-Drago (mai connubio
più insolito vide la Storia),
raccoglie la mano colore di
nuvola tra le sue ambrate,
con sé lo conduce presso il fiume.
Siedono sulle sacre sponde,
osa un gesto il semidio ed il
bianco si confonde all’ebano.
Svela un sorriso la Dèa, s’accompagna
al rossore del volto: “ Mai fui
sfiorata da mano d’uomo…”
(Drago) “ Nel tempo in cui ancora le sacre
virtù vivevano nella tua vallata
natia, mia Signora, ancora giovinetto
fui scelto, investito da un Supremo
incarico che vidi negli occhi tuoi
alla tua nascita: m’imponesti
la tenera mano sulla fronte e
rividi l’allucinazione che nei
cinque periodi anteriori alla tua
nascita m’indicarono il volto
della madre della futura stirpe
di Draghi?" ah, notte agitata!
La vidi nelle tre età ?" fanciulla,
giovinetta e donna?" a lei mi
congiunsi e m’indicò il cammino:
l’Arca, l’Antica Alleanza sarebbe
rinata dal suo ventre e dal
seme dell’ultimo della stirpe.”
(Dèa) “ Le parole, le immagini del tuo
sogno appaiono irrealizzabili
adesso?" ahimè ?" non ci resta che
piangere insieme sul sangue
divino versato nell’inutile guerra
contro a tempesta dell’Odio.”
(Drago) “ Mia timida Dèa, il tuo cuore si
Mostra in tutto il suo miele;
il tuo animo però non indovina
il segreto piano che Destino
mi condusse a te tramite
immagini-luce di notti profetiche.”
(Dèa) “ Parole non dirmi fallaci,
ora che il mio sguardo ha incontrato
quello del primo uomo, perdendosi
ebbro di desiderio delle tue
membra di neve, lucide e forti
come il diamante più puro.”
(Drago) “ Potesse la mia linfa vitale
spegnersi se la mia bocca proferisce
invere parole; potesse il mio cuore
di Drago intorpidirsi se una sola
delle mie sillabe trafigge il
tuo gentile animo, ferendolo.”
(Dèa) “ Chi sei? Sento il mio cuore
appartenerti da ancestrale
memoria. Chi sei? Il tuo volto
dalla bellezza lucente mi è
familiare. Chi sei? Proiezione
perfetta dei miei desideri antichi…”
(Drago) “ Sia sereno il tuo animo, il
giorno della Rivelazione è giunto;
più non chiederti, più non dubitare,
non agitare le tue membra
divine: abbandona il tuo spirito
alla forza della verità.”
(Dèa) “ Ascolto le parole che
attendo dalla nascita, come
bambina attendevo il racconto
delle tue gesta dalle mie maestre
immortali: giorni gioiosi erano
quelli d’infantile sete di Conoscenza.”
(Drago) “ Giovinetto dovetti condurre
la cruenta battaglia contro il
Mostro d’amianto; lottai, strenuamente
lottai; i miei impavidi compagni
perirono all’avanzare del veleno:
ricordo terrificante di sangue…
Di antro in antro corsi, invano
tentai di indicare la salvezza ai
miei sudditi fatati. Fuggivano
le Figlie della Memoria e altre
compagne cadevano. Portavano
quelle un fascio di raso prezioso.
- È l’Infanta, da poche ore
vede la luce, quando la tempesta
si è abbattuta su questo mondo:
già orfana ( il padre caduto in
battaglia, la madre travolta dal
vento dell’Odio) ?" dissero le Ninfe.
M’accostai, pieno di compassione,
a quel dolce fardello. Scorsi
quegli occhi, riconobbi il volto
della Dèa-Madre; la morbida
mano si levò sulla mia fronte,
rividi i sogni che già sai.
Fui sgomento, interruppi il respiro:
riconobbi in quella piccola vita
la fanciulla, la giovinetta e
la donna della visione, il mio
primo, unico ed eterno amore
incarnato nella figlia della Dèa-Madre.
Indicai alle Ninfe codesto
non-luogo conosciuto solo ai
Draghi: divennero custodi della
Madre della nuova stirpe divina.
Distrutta fu Utopia e nella caverna
dell’Oblio riposai le mie membra.
Sono il primo dei Draghi, il
loro Signore e l’ultimo della
stirpe. Forza e Chiaroveggenza
sono i doni che il cosmo m’infuse.
Per quattro lustri fui costretto
all’attesa del compiersi profetico.
Gl’Esseri Perfetti non si compiono
se non con Forza, Chiaroveggenza,
Bellezza e Conoscenza. A noi il
Destino ha chiesto la rifondazione
della stirpe; a noi, ultimi viventi
del popolo divino e mitico.
T’amai e t’amo da prima che le tue
membra fossero scaldate dal
raggio d’Apollo; per cinque lustri
m’addormentai piangendo
di dolce nostalgia, augurandomi
la clemenza del Tempo troppo lento…”
(Dèa) “ Mio gentile Signore, indichi
in me il volto che videro le tue
notti? È l’orfana delle Dee la
madre che la nuova stirpe attende?
Fu la mia mano di bambina
ad indicarti il nostro Destino?”
(Drago) “ Mai parole furono più vere,
dolce Dèa di Bellezza e Conoscenza;
il tuo grembo proteggerà il seme
dell’ultimo Drago e darà la
vita al Futuro, che vedrà il sole
tornare a splendere su Utopia.”
(Dèa) “ Sinceri gl’occhi tuoi, adesso
vedo il Destino compiersi nelle
tue parole. Sconosceva l’amore
il mio cuore denso di Conoscenza.
Nuovi fremiti percorrono le mie
membra, avide dei tuoi baci.”
(Drago) “ Lascia che il tuo corpo accolga
il mio, abbandona la tua pelle
d’ambra alle molli carezze dei
miei sospiri, scivola con me nella
melodia del Fiore dell’Oblio…
oso sfiorarti con le labbra.”
(Dèa) “ Mi sciolgo al calore della
tua passione, singhiozza in
fremiti il mio ventre (calice
della nuova èra), fugge una
goccia di rugiada di gioia
al tuo lieve sfiorarmi.”
(Drago) “ T’amo dell’amore più puro e
antico che memoria di divino
conosca, t’amo, Dèa di Bellezza
e Conoscenza, madre dell’Essere
Perfetto (sacro furore s’agita in
un piccolo cuore di Drago).”
(Dèa) “ I tuoi occhi?" soli infuocati
che bruciano la mia pelle?"
fanno sussultare la mia anima
- si desta un sospiro di fuoco -
Smodata passione si dispiega
sulle mie carni, risveglia il più
profondo cuore del Piacere. Il tuo
umido desiderio percorre il mio
corpo, penetra il luogo recondito
(sboccia un fiore dai petali
di porpora), sgrano i miei occhi
ed incontro i tuoi: il calore
mi pulsa nelle vene, esplode nel
mio giardino segreto, lascio andare
un sospiro…” s’abbandona
la Dèa non più bambina al
destino d’amore e di madre:
i capelli d’ebano ora sparsi sul prato.
(Drago) “ Fondo le mie membra alle tue,
inspiro il dolce profumo del
tuo Piacere (penetra il mio spirito
risvegliando l’istinto di Drago),
dalle tue labbra bevo l’ambrosia
che s’accompagna ai tuoi gemiti.
Domato è il mio animo guerriero
dall’ipnotico movimento dei
tuoi fianchi, dall’onda leggera dei
tuoi capelli, dalla curva lenta
dei tuoi seni, dalla valle calda
del tuo ventre, caro agli Dèi.
Penetrami ancora con il tuo
sguardo, ammansisci la selvaggia
indole del mio animo…” si perde
l’impavido Drago nell’immensa
Bellezza della Signora, l’amante
del Drago, custode del segreto.
(Coro di Ninfe) “ Cantiamo la Rinascita, la Vittoria
di Bellezza e Chiaroveggenza,
Forza e Conoscenza sul turpe
isolamento cui Vento dell’Odio
relegò. Accompagniamo i divini
sussulti di un ventre sacro,
la forza del liquido seme di
sangue di Drago (s’impossessa
mollemente del suo respiro),
con melodici canti e danze
del rituale antico: s’aprono
le porte all’avvento nuovo
della stirpe di semidèi,
rifondazione degli Esseri Perfetti.
Spazzerà la lurida crosta d’amianto
Ed i fiumi adamantini di città
d’alabastro torneranno a splendere:
mitica Utopia moderna.”
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