Di un corpo precario
alla fine diventi la mente,
si riversano i timori, tremori
come da un'anfora in un bicchiere, minuscolo.
L'autoironia è un cibo
la superficialità un passo,
olio su un cammino per il cammino, un sasso.
Da claudicante scoprirsi un vero clown dicante,
ciondolo opaco dell'io che ciondola
da destra a sinistra, il mio avanti e il mio indietro.
Barcollante,
un bar che ti tiene incollato a bere i soliti percorsi,
corse lente come viscidi sorsi,
sorci che strozzano in gola,
così la candela cola.