Vedere il tramonto ch'albeggia
negl'occhi dell'arrendevole
e cantargli rime urlate.
Tra dire e credere in mezzo il segreto
la speranza che non muore
ed eternamente implode infrangendo
le marcate vene.
Presso le conversazioni si discopre nostro valore;
inutili giustificazioni
convincon bene perchè rassicuranti,
ed i tavoli son unti di princìpi
e principali idee volanti,
invisibili angeli
che fanno vincerci Umanità.
Ho sentito che c'è in chi crede
la storia un fiore al cimitero,
e mi senton che credo
la storia il fiore del liberatore,
pozzo e rifugio di cause ed effetti.
Quell'idea non è nebbiosa e fumida
come un giorno a novembre su di un colle;
la storia liberatrice non è zucchero
nei fondi d'un caffè,
è il sangue che ricircola
e che mi scorre pur restando.
Dovunque accorgo la sua mano e dispetto,
dovunque accorgo la sua eredità
il passaggio come brigante
la sua camminata rivoluzionaria
sovversiva.
Rintraccio i venti che han creato il presente,
il passato non è cantina buia
scheggia pungente l'animo,
il passato impasta il presente
modellando linee e curve del destino,
ed è bene il conoscerlo Prometeo
al fin d'uscire dal presente continuum.
Dovunque accorgo i suoi passi
le forme impresse date ai sassi,
e vedo accendersi l'alba
negl'occhi del resistente,
mentre urlo rime stracciate
e cenci d'echi rintuonan lievi
eppur risveglianti il terreno bruciante.
Ho sentito c'è in chi crede
la storia un temporale che investe la pace,
la storia un tuono che sobbalta la tregua,
e così la vedo negl'occhi del ribelle
dell'anarchico all'azione
e del libero spirito al di là del confine
di tutte le gerarchie,
e del libero uomo con libera Coscienza
non dell'uomo con coscienza pulita.
Vedere il tramonto ch'albeggia
negl'occhi dell'arrendevole
e cantargli rime urlate
e cantare rime libere
volanti ad infrangere il vetro del cielo.