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Bennu, acqua
Avete mai guardato nel pozzo?
Non dove l'acqua ancora disegna la luna!
Al confine!
Tra l'acqua, il naso e l'assenza del soffio?
E ancora non conoscevo la conformità ma l'avevo sempre cercata.
Io avevo una testa spaccata a metà!
Falanghina e Barolo!
e tanti bicchieri diversi.
Essere in casa e ciccare per terra,
E scappavo, rubare motorini per ridarli ai miei ricordi,
E li ho visti,
i silenzi,
Gli scavati,
Apici sui volti del vuoto e dal vuoto.
Ma non mi è bastato,
Ho visto le cicatrici, fatte e bendate,
Ho visto uscire i tendini!
Brrr! L'interno dei corpi mi terrorizzò!
E ancora non conoscevo la conformità ma l'avevo sempre cercata.
Camicia di forza che avvolge lenta i nostri sospiri.
Erano circuiti,
migrazioni di elettroni che portavano gioia, rancore e vergogna.
Braccia possenti che scalavano foglie e prima delle braccia più antiche,
Voglie, spazi chè preservavano un mondo.
Case senza nessuna anima e nessun sole,
Mentre la gola bruciava, urlava nomi che esistevano appena,
E il castello delle intensità che costruisci tutti i giorni ti isola,
Ti porta giù al sicuro, all'oscuro, nel regno del pensiero,
Nel regno della cera e delle carte vere,
Regine, fanti e spade che trafiggono il senso,
Che assegnano valore agli atomi!
Piccoli fori dai quali vai speri, la luce!
E ancora non conoscevo la conformità, ma l'avevo sempre cercata,
Schiavi di un'estetica camuffata che dicono anarchia.
C'erano miliardi, miliardi di miliardi di pianeti soli,
Oscillavano sul tappeto del mio spazio tempo,
sussurri che muovono la carne,
Carte firmate su fogli che spiegano l'essere,
Che cambiano strade,
E ponti,
Palazzi che tentano di innalzarsi su in alto fino al cielo.
S'è visto?
Ma come fai?
Dimmelo tu...
Io li ho visti?
Dagli occhi di tutti gli umani,
Colori che prendono il sopravvento
Mentre riempi il polso di metalli.
E se fossi nato donna?
Orecchini di mia madre blu topazio,
Assoluti nei quali perdermi e botte.
O notti, mari bui da attraversare, altro non so delle donne.
E poi avevo trent'anni.
Conobbi la conformità perché non le piacevo.
La conobbi col fare colpevole del esiliato, del richiedente asilo,
La conobbi anni luce lontano dai viaggi nei grandi alberghi, del lusso sfrenato.
Chiamare amore, pietà o rancore.
Conobbi la conformità tra i poveracci, dove la luce del creativo è terremoto,
Dove la vita é gel viscoso, un superfluido.
Ormai eravamo tutti maledetti!
In quest'isola ad occidente,
Le ceneri di dio, le soffiavano le farfalle prima di morire da quant'erano leggere.
Emergevano solo al tepore del momento magno,
Radici del sacro
All'incontro col vetro.
Gli alberi stavano salpando.
A chi?
A chi rivolgeremo i nostri canti quando le piogge non arriveranno?
Numeri sui polsi dei condannati,
Rami e basilico.
Avvicinandoci al grande schianto, al grande ed invisibile muro, che tutto determina, che la vita contiene,
saranno i granelli, le polveri?
Cosa passerà dei nostri fiori dall'altra parte?
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2 recensioni:
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- Una poesia lunga una vita, una strada lastricata di pietre calde di lacrime e sangue, di consapevolezza, di voglia di andare oltre. Sei davvero bravo complimenti, poeta.
- UN ARGUTO QUANTO ESPRESSIVO VERSEGGIO DILIGENTEMENTE SEQUELATO.
LIETA DOMENICA.
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