non c'è più la gloriosa deficienza degli anni giovanili
e se n'è andata anche la forza e qual vago senso d'onnipotenza
e ho uno strato di grasso che mi penzola sopra i calzoni
e la mia testa penosa di reietto domanda e s'interroga e scruta
ciò che resta oltre il disastro delle parole;
ma tutte le cose hanno mantenuto una certa grazia,
una certa classe nonostante tutto, e questo è davvero sorprendente,
la foto di mia sorella a 8 anni o il timido ventilatore che
sputa aria viziata dal fumo delle sigarette;
sembrano cose sciocche, gingilli, ma non lo sono, no di certo!
c'è in questo paesaggio sterminato d'esistenza
la poesia delle cose semplici
e cosa siamo noi, vi chiedo, se non la somma di tutti questi
incalcolabili frammenti di vita?
il tempo passa e io fisso un quaderno dove ho conservato
pensieri per 19 lunghi anni;
sembra di vedermi bambino,
"l'estate in cui ho fatto per la prima volta l'amore"
recita un capitolo;
poi muovo le mani verso il muro
lasciando che la luce della lampada disegni
ombre cinesi.
tutto questo non ha senso, mi persuado,
perdersi in quel maremoto di ricordi
vuol dire rifiutare la grazia del Presente.
è sciocco, vile, sbagliato.
eppure abbiamo bisogno, alle volte, di fare un tuffo indietro,
analizzare, riconsiderare, forse soltanto staccarci per un momento
da questa violenza interminabile del Tempo.
le cose accadono, poi muoiono,
tutto si trasforma,
oggi siamo adulti e grassi e sciocchi
poi non tanto sciocchi,
mentre i secoli ridono di noi
nella loro magnificente immobilità.