Chiudi la porta, Antonio,
non far entrare il vento
forte della violenza
che scardina i muri
della tua prigione.
Ma il vento sa
come aprire le porte,
il vento che ride,
che picchia, che
ti chiama "lu pacciu"
sa come entrare in casa.
Quante notti senza dormire,
quanti giorni senza mangiare,
quante ore alla finestra a guardare
se il vento soffiasse nella tua strada.
Eccolo il vento col volto di ragazzi,
con le loro spranghe, con le loro risate,
i loro sputi e i loro telefonini
ad infierire sulle tue gambe,
le tue braccia, la tua testa da "pacciu"!
Chiamavi, urlavi, chiedevi aiuto,
ma chi può fermare il vento?
Chi può sfidare violenza e ignoranza,
chi può andare controvento?
Quante volte hai pianto, Antonio?
Quante volte ti sei chiesto
perché ti hanno fatto nascere,
quante volte hai chiesto
la salvezza nella morte.
Adesso nessuno potrà
più farti del male,
adesso quei telefonini
dovranno trovare
un altro "pacciu"
di cui ridere.
Anche da morto eri solo,
oggi poche persone
ad accompagnarti
nell'ultimo viaggio,
perché "lu pacciu"
adesso fa paura,
adesso chi sapeva
si nasconde ancora
di più nell'ombra
della vigliaccheria.
Avrei voluto salvarti, Antonio,
dirti che non eri tu "lu pacciu",
ma quelli che ti massacravano
nel corpo e nell'anima,
avrei voluto abbracciarti, Antonio,
ma sono qui e posso solo
piangere per la morte di
un mio fratello sfortunato.