Trasudano sudore e lacrime
le tue terre arse dal sole
assetate di acqua e fresco
con le pietre erose dal tempo.
Strette in un triangolo di luce
stanno corse gioiose di bambini,
mamme che aspettano figli lontani
e vecchi su panchine scolorite.
Macchie immense di fichidindia
si stagliano nel cielo azzurro
mentre tutt'intorno nel silenzio
si odono i muggiti delle mucche.
Terra di sangue, dove il sangue
si mischia alla polvere delle strade,
ma dove dal sangue nascono
anche fiori di speranza e di giustizia.
Trinacria ti chiamavano gli antichi,
per le tre punte Lilibeo, Passero e Peloro,
e Gorgone è la tua testa con serpenti
intrecciati a spighe di grano d'oro.
Antichi popoli hanno distrutto le tue chiese,
hanno saccheggiato le tue terre,
violato le tue donne, bevuto il tuo vino,
ucciso e lasciato il loro segno.
Ma tu, sempre, come l'araba fenice
sei rinata dalle ceneri conservando
il tuo splendore, accogliendo e
facendo tesoro di virtù e sapienza.
Anche ora accogli chi arriva
alle tue spiagge, dove spira
il vento di scirocco e dove
acque cristalline bagnano la riva.
Ti dipingono con lupara e coppola,
Trinacria antica e aspra,
ma nel petto della tua gente
batte un cuore che sa amare,
perché troppi figli hai visto partire
per non tornare più, troppi morti
hai visto galleggiare sulle onde
e troppe mamme vestite di nero
hanno pianto per vite perdute
e per morti senza giustizia.
Ora tu sei Sicilia, terra dove
brucia ancora il fuoco nelle viscere
e dove chiese barocche ammaliano
chi ammira arte, cultura e storia,
ma ricordati che Trinacria fu il
tuo nome, che genti di ogni luogo
hanno impresso il loro sigillo
alle tue terre, e so che avrai pietà
di chi cerca pane, tetto e una carezza.