Cercare, passare la vita
a scorgere in uno sguardo,
nella luce di due occhi
il dardo che ti trafigge il cuore
e ti soverchia di emozioni.
Stare con la testa sul cuscino
nelle lunghe e piovose notti dell'inverno
a cercare di immaginare un volto,
e chiedersi nei caldi giorni dell'estate
se quel volto esista e dove sia.
Capisci col tempo che non basta un volto,
che non basta la beltà che fugge via,
che negli occhi che cerchi vuoi
vedere il sorriso della gioia e
le lacrime dell'umanità che soffre.
Pensi che quel sorriso e quelle lacrime
siano della stessa materia dei tuoi,
fatti di sogni, di illusioni e delusioni,
di conquiste coraggiose e di sconfitte
che lasciano ferite aperte.
Allora apri le porte, le finestre,
i vecchi cancelli arrugginiti da
anni di chiusure e solitudini,
avvolti dalla pervicace edera
e dai nidi di rapaci di passaggio.
Una candida colomba in volo stringe
nel becco un ramoscello di vischio
col le sue bacche rosse di cui vuol
farti dono come auspicio di felicità,
ma le verdi foglie pungono il tuo dito.
Il sangue, meglio il rosso sangue del
grigio di giornate senza sole,
meglio pungerti che osservare
le tue dita perdere colore, stringersi
a pugno per nascondersi alla vista.
La saggezza dell'età ti impone di
nascondere quel sangue, di far
volare via quella colomba verso
altri lidi, senza vischio, ma con
nel becco miele dolce ed ambrato.
Ma quanti voli vorresti ancora fare,
quanto miele da far suggere sulle labbra,
quanti fiumi di parole, e di teneri abbracci,
e di baci ardenti, e di sguardi, e di risate,
e di strade da percorrere insieme.
Scrivi, Vincenzo, scrivi, che sei bravo a far
scorrere le tue dita e i tuoi pensieri,
scrivi che vorresti tornare indietro
o vivere un'altra vita per trovare
quella colomba in volo e protegger le sue ali,
scrivi, scrivi di lei e dei suoi voli
perché ti è concesso solo di
ammirare il suo splendore.