Trenta minuti, trenta minuti
per prender le tue cose
e partire verso l'ignoto
sotto l'ombra di fucili e grida.
Questo è il tempo che
separa la vita dalla sua assenza,
questo è il tempo che si dà
ai condannati a morte.
Potresti andare anche nuda,
Cicci, ma non senza il tuo violino,
e lo nascondi sotto il cappotto
per occultarlo alla vista delle belve.
Era un regalo di tuo padre,
col suo legno scintillante,
e con le note che suonavi
lui dava pace alla tua anima.
Ti accoglie "Arbeit macht frei",
con il suo ammasso di fantasmi,
con i suoi volti scavati dalla fame
e i suoi corpi devastati dall'orrore.
Ma tu suona, Cicci, suona per
I tuoi aguzzini ubriachi e stolti,
suona per trovare un senso
dove non c'è più umanità.
"Der musik macht frei", ti scrisse
tuo fratello Enzo da un altro inferno,
e fu quello l'unico legame con chi
condivise un tempo la tua vita.
Eri bella, eri giovane, Eva Maria,
ma qualcuno decise di recidere
un bel fiore e di far tacere
per sempre quel violino.
Quel violino è ancora qui,
tra di noi, salvato dalla
distruzione della guerra,
e suona, suona per ricordare
a tutti che non si ammazza
la bellezza, non si può
distruggere l'armonia di
uno strumento di dolcezza e pace,
nemmeno con il triste crepitio
delle armi e il fumo acre dei corpi
bruciati da quella immane follia
che devastò le menti e insanguinò le strade.
Possa il tuo violino passare tra le mani
di chi rifiuta la violenza, di chi ama
musica e cultura, pace e solidarietà,
e ora che il mondo sembra pervaso
dal ritorno di odio ed ignoranza,
tacciano le armi e suoni il tuo violino.