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Chiederti Scusa

Ho visto un'impronta
tra la calda sabbia scottante,
non aveva la profondità del solco appena torchiato,
non aveva la visibilità dell'unico solco scavato,
era un'indelebile impronta:
un sasso nel lago,
un foro nella barca.
Quest'impronta aveva paura,
terrore
di non essere abitata,
di rimanere solo un inutile vuoto solco,
tu eri il palmo:
sei l'elemento madre dell'impronta;
E io,
non sono altro che l'animaletto caduto all'interno e che si domanda perché,
l'errore orfano
abita la mente orfana di perdono,
e non occorre osservare l'incomprensione
se essa è l'artefice di altrettante incomprensioni,
un bocciolo coperto dal sole,
un ragno che pattina su di una foglia,
in questa raduna non rimangono che solchi,
crepe nel terreno.
Porta acqua
onda agitata
nelle scuse mai pronunciate:
il cuore non ha parole
ma canta come uno sciame in primavera.
L'acqua non raggiunge le nostre profondità,
un cuore aperto si genuflette,
gli sbagli si perpetuano,
il perdono non raggiunge.
Il mare
non porta le scuse irraggiungibili a noi:
un masso nel petto,
una falda nascosta
che zampilla dispiacere per gli errori fatti.
Un calice rotto,
un soffio di vento a febbraio.
Ho visto un'impronta,
tra la fredda neve ghiacciata,
non aveva il chiarore del velo appena indossato,
non aveva la delicatezza del lino appena stirato,
era un'indelebile impronta,
un Enrico IV in ginocchio,
un pinguino senza sasso.
Questa impronta era stanca,
stufa,
del cuore chiuso come un riccio in pericolo,

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