Come una bottiglia trascinata dalla corrente,
sbattuta dalle onde, vado sotto, riemergo,
continuo il mio moto incessante
verso un approdo certo ma ignoto.
A volte l'acqua mi spinge verso le sponde,
e allora intravedo la luce, il sole, gli alberi,
gli esseri umani; avrei voglia di fermarmi,
di trovare la terra ferma, ma mi mancano
le gambe per risalire, le braccia per farmi forza,
il cuore per andare oltre l'ostacolo,
il cervello per sperare e desiderare una certezza.
Mi manca qualcuno che mi prenda nelle sue mani
e che abbia voglia di scoprire cosa c'è
dentro la corazza di vetro, qualcuno a cui donare
il candore, la semplicità, l'ingenuità e la fragilità del vetro.
E allora il corso diventa sempre più impetuoso,
l'acqua mi sommerge sempre di più,
le soste a riva sempre più rare,
gli esseri umani sempre più in lontananza;
il vetro comincia ad avere delle crepe,
mentre laggiù in lontananza si intravede
un orizzonte d'acqua senza fine
che aspetta le briciole della mia esistenza.