Ricordo,
era tempo di more.
Ormai arsa, la terra
i piedi bruciava
nudi e veloci
e un caldo piacere
profondo
traeva la pelle
a quell’aspro contatto
proibito.
Col sole negli occhi
cercavo una strada
una via verso il mondo
Correvo, fuggivo incontro
a un barlume di vita...
Grazie Dora, questa poesia mi è cara. Mi ricorda momenti belli ed anche tristi, ma tutto è parte della mia infanzia. Dovevo terminarla, ma ho voluto lasciarla così, incompleta.
Momenti belli... pieni, di un'infanzia lontana, braccia e gambe graffiate, piedi nudi, un gusto proibito (mia madre non voleva che si andasse scalzi)
a contatto di quella terra bruciata che mi dava un piacere come nessun altro, un ritorno alle origini,
uomo-corpo, terra-natura... a stretto contatto, quasi fusi assieme...
Ada
Anche a me come Angelica è venuta in mete la mia infanzia, a raccogliere more tra i rovi, con le braccia graffiate e assaporare i frutti tra i rovi.
Bella poesia Ada, come sempre brava
Anonimo il 14/12/2007 23:49
Mi ha ricordato la mia infanzia, quando fuggivo da tutto e da tutti, come una nomade, solo per andare alla scoperta della natura, giaciglio dei miei sogni.
Mi sono rivista, sotto il cocente sole, con le braccia e le gambe sanguinanti, felice nel raccogliere il frutto della mia infanzia: le more.
Grazie
Angelica