Nel Paese abitato da i tristi adoratori del Dio in bottiglia
il Luna Park ha aperto i battenti.
Nel Labirinto Magico i deformi specchi di una realtà fumosa
al mio apparire rendono l'immagine di un uomo demolito,
scomposto in parti sovrapposte
similmente alla sensazione di esaltato sgomento
che alberga nel mio essere confuso e lacerato.
Questo è ciò che io vedo nello specchio,
macerie di un uomo,
non rovine fisiche, non mattoni e calcinacci,
ma la decomposizione morale delle frazioni di Vita
che si sono succedute nella mia casa,
materiale scadente e putrefatto
che lo sfacelo del tempo, e la mia incuria,
hanno smembrato e sparso in ogni dove.
Io non sono più padrone dei miei sentimenti,
non governo più il timone della mia Vita,
lo specchio lo sa e meccanicamente
con la silente voce delle cose inanimate mi urla di ricominciare,
di mettermi alla ricerca del Negozio
che mi fornirà il materiale per riedificare il Tempio,
nel quale venerare, non idolatrare, la mia Vita,
renderle il suo giusto valore.
Il Luna Park ha chiuso i battenti,
gli specchi magici sono sepolti sotto un pesante telone,
la polvere, che su di esso si accumula, lo rende ogni giorno più pesante,
così che gli specchi sempre più difficilmente
potranno tornare a riflettere una mia immagine deforme.
Ho avuto cemento, sabbia, mattoni,
non marmi, non metalli preziosi,
e con l'ausilio di miriadi di valenti muratori, miei AAmici,
che senza nulla chiedere hanno lavorato con me,
ho riedificato il Tempio,
ancora non è terminato, forse non lo sarà mai,
ma ora la mia Vita ha una Sede dove potersi raccogliere,
una Sede nella quale ho raggiunto il mio giusto equilibrio,
e gli specchi del Tempio tacciono compiaciuti.