La vena pulsante di battiti arcani
accese la notte di spire accecanti,
simile a serpe che arde, sibilante come lame roventi,
scortata dal rullare di mille tamburi.
Un solo momento ebbe ragione del buio,
onnipresente Signore assoluto,
poi si richiuse la cappa di tenebra cupa.
Ma le mie retine,
in guisa di stigmate,
recano impresso il fulgore di ciò che mi sono negato.
Adesso,
come l'affamato che dopo il digiuno
rigetta il cibo che infonde vigore,
i miei occhi ancora fuggono l'accecante bagliore,
ma ora so di poter,
anch'io,
offrirli alla luce del sole
senza il riparo di lenti oscure, senza tema di poterli ferire.