"Quell'angolo di mondo più d'ogni altro m'allieta,
là dove i mieli a gara con quelli del monte Imetto fanno
e le olive quelle della virente Venafro eguagliano;
dove Giove primavere regala, lunghe, e tiepidi inverni,
e dove Aulone, caro pure a Bacco che tutto feconda,
il liquor d'uva dei vitigni di Falerno non invidia affatto."
(Quinto Orazio Flacco - A Settimio - Odi, II, 6, 10)
Ave Taranto,
città dei due mari
monumento della Magna-Grecia.
Tu sei Colei che diede i natali
a Ennio, Livio Andronico, Archita, Aristosseno
(e tanti altri che reggono il tuo nome)
e di questo fattene vanto!
Eccelsa colonia spartana
prendesti parte alla Guerra del Peloponneso contro Atene
e fosti sovrana politica sulle colonie del materno Meridione.
Archita ti diede gloria!
Ti alleasti con Pirro, re dell'Epiro nipote di Alessandro Magno,
resistetti ai Romani
ma fu gloria breve.
Le tue mura furono smantellate
e il tuo Livio Andronico
rese conoscenza dell'Odissea
ai trionfanti Romani.
Bizantini, Goti e Longobardi si avvicendarono
alla marcia del tuo suolo
...
caduta
...
poi i Saraceni
...
distrutta.
Austriaci
Spagnoli
Partenopei.
Io narro la tua storia
taciturna e dimenticata
e la tua attuale bellezza facile all'invidia
quando ti ricordo nelle mie notturne passeggiate
lungo le tue mute strade
tra i lampioni che guidano i miei passi
e le luci di navi che brillano come tanti occhi accesi.
Ti fanno veglia il Castello Aragonese
il Monumento ai marinai
il Ponte Girevole.
E quando la città vecchia dorme come un fantasma riflesso nel mare blu della notte
la tua anima si perde nei tempi
e S. Cataldo ti protegge fiero.
Qualche barchetta di pescatori ormeggia stretta al tuo suolo terreno
e tra le tue braccia si appisola all'ondeggiare del mare.
Io mi accendo di serenità
se penso a siffatte scene.
Ti giungano i miei versi, cara Taranto,
perchè quando avrò gli occhi spenti di sorrisi
il tuo volto sia emblema di umile felicità.
(marzo 2006)